
Finale azzurra: Sbabo oro sprint europeo su Berlanda
Per battere l'iridato della specialita' Emanuele ha studiato una tecnica di partenza ispirata al "passo Siitonen". Oro per Solange Clabloz, argento per Mateja Bogatec, Anna Maccagnan e Folco Pizzutto (con caduta)
TORINO 6 Settembre – Emanuele Sbabo campione europeo dello sprint. Una vittoria di altissimo prestigio per piu' di un motivo: il valore del titolo continentale; la grandezza dell’avversario in finale, l’altro azzurro Alessio Berlanda, campione mondiale in carica; l’importanza della sede della prova, Torino appunto, che dopo aver vissuto le Olimpiadi, ha accolto questa prova nel salotto di casa. In via Roma, che era la strada del lusso del capoluogo piemontese gia' quando era la capitale del Regno d’Italia. Ovvio che, in condizioni del genere lo skiroll,.seppur sport di nicchia, attirasse una gran folla anche perche' gli organizzatori avevano messo in piedi, oltre che esibizioni collaterali, anche un gran concerto in piazza Castello.
Un connubio, perfettamente riuscito, fra sport e divertimento, nel posto piu' affascinante che si potesse trovare: il tratto di via Roma fra piazza Castello e piazza San Carlo. Un “cannocchiale” di quasi 250 metri, delimitato dai portici, con l’asfalto tirato a lucido come una pista di ghiaccio. O come un biliardo se serve a dare l'idea. Il piu' bello nella storia dello skiroll. Cosa da sfracelli se fosse piovuto; fortunatamente la pioggia e' arrivata a manifestazione conclusa. Diversamente sarebbe stata un’impresa correre su un fondo tanto veloce dove il problema e' lo spazio di frenata poiche' le ruote degli skiroll non dispongono di freni e permettono velocita' superiori ai 50 km/h.
Non sono state effettuate misurazioni in merito, ma il miglior tempo di qualifica, ottenuto da Berlanda, e' stato di 17.69 contro i 17.74 di Couny, 17.74 Sbabo, 17.90 di Folco Pizzutto, il migliore degli juniores, 19.88 di Maria Magnusson, prima delle donne. Distanza dichiarata 200 metri, effettiva qualcosa meno, ma di ben poco. Un rettilineo perfetto senza ulteriori possibilita' di prolungamento ne' vie di fuga laterali in cui inserirsi. Considerando che a 100 metri in 10 secondi corrisponde una velocita' di 36 km/h, il calcolo seppur sommario e' presto fatto. Tanto e' vero che, avendo gli atleti difficolta' a fermarsi prima delle transenne piazzate proprio alla fine del tratto asfaltato, dove inizia il porfido di piazza S. Carlo, per evitare che vi si schiantassero contro, oltre ai materassi di protezione come nell'atletica indoor sono stati piazzati anche volontari di corporatura robusta per bloccare con la propria stazza la velocita' rallentata ma ancora forte degli sprinter.
Una soluzione di sicurezza dettata da senso pratico; come “extrema ratio” si sarebbero potute collocare reti come sulle portaerei: sarebbero risultate ideali per bloccare il master tedesco Siegfred Rieckoff, un omaccione di piu' di 120 kg con pancia da bevitore di birra ma di un’agilita' incredibile e di una velocita' inaspettata. Ha quasi ribaltato un paio di volontari e sono finiti tutti a spiaccicarsi sui materassi. Cosa comunque praticabile in situazione d’emergenza, ma sarebbe stato aggiungere un clima di pathos eccessivo allo spettacolo delle manovre con cui gli sprinter cercavano di frenare la loro corsa. Quindi spazzaneve allargato al massimo ma ovviamente senza l’effetto quasi immediato che si ottiene sulla neve, uno skiroll di traverso, curve secche per aumentare l’attrito. Veri e propri funambolismi che richiedono pelo sullo stomaco e pure una certa incoscienza. Tanto e' vero che piu' d’uno cominciava ad allargare a spazzaneve ancor prima della linea del traguardo. Insomma, c’era da arrangiarsi e lo spirito di inventiva si e' fatto valere.
Ovvio che per poter emergere coraggio o incoscienza da soli non bastino; sono indispensabili, invece, classe, potenza e tecnica, qualita' di cui abbondano i grandi specialisti che si sono presentati al via. Qualcuno, poi, si era preparato da gran tempo a questo traguardo. Piu' di tutti certamente Emanuele Sbabo, che aveva digerito male di essere stato tagliato fuori dal podio dei Mondiali di Oroslavje, in Croazia, dove a laurearsi campione iridato era stato l’amico-avversario Alessio Borlanda battendo l’altro azzurro David Bogatec, mentre sul terzo gradino si era insediato il russo Glushkov che aveva battuto proprio lui. E questo era avvenuto non per manifesta superiorita' ma perche' si era trovato penalizzato dai giochi degli accoppiamenti dei tempi di qualifica. Terzo il suo, che lo aveva confinato nella parte bassa del tabellone e, dalla semifinale in poi, per le esigenze televisive che avevano imposto una piu' rapida successione delle gare, costringendolo ogni volta a rimettersi al cancelletto di partenza senza quasi tirare il fiato.
E’ dal settembre 2007 che ha cominciato a masticar vendetta, studiando ogni possibile marchingegno che lo potesse aiutare a scattare come una scheggia allo sparo dello starter e a prendere immediatamente velocita'. Lui e' come il giamaicano Bolt nei 100 metri piani: una volta lanciato i suoi problemi finiscono e diventa un missile. Cosi' ha cominciato a studiare una tecnica personale, tutta diversa da quella “canonica” e pure dalle “sgarrellate” di Glushkov o dai salti fatti di prepotente spinta di bastoncini, allargamenti e restringimenti delle gambe cui ricorre lo svedese Westman per lanciarsi. Lui ha invece adattato allo skiroll il passo mezzo pattinato inventato dall’americano Koch e propagandato poi dal finlandese Siitonen nelle granfondo di sci.
Un lampo di fantasia. Tre rapidissimi passi in partenza per schizzar via, poi sotto con la doppia pattinata con aumento massimo della lunghezza del passo, per accorciarlo nel finale aumentando pero' le frequenze. Probabilmente piu' complicato a spiegarlo che a metterlo in opera. E che il colpo gli sia riuscito lo dimostra il risultato. Ha battuto Berlanda, che pure alla finale era approdato certamente piu' fresco per la doppia partenza falsa del suo avversario Glushkov, che ne aveva comportato la squalifica e quindi ei era limitato a raggiungere il traguardo a passo tranquillo per non sprecare energie, mentre lui aveva dovuto vedersela con l’altro russo Fedulov, osso duro, che l’ha impegnato dall’inizio alla fine, senza mollare di un centimetro.
Finale altrettanto combattutissima quella con Berlanda, degno avversario da sempre, quando ormai stava calando il buio per l’ora tarda, con il cielo annerito che minacciava pioggia. La nuova tattica gli ha reso come sperava: un metro guadagnato gia' in partenza, contenimento della progressione dell'altro, accelerazione da tre quarti in poi con un altro metro di guadagno. Il tutto fra l’entusiasmo degli spettatori: migliaia nell’arco del pomeriggio, centinaia ancora presenti quando era gia' venuta l’ora di cena. Quando correva qualche azzurro venivano giu' le colonne dai boati che salivano al cielo. Un tifo da stadio di calcio per questi matti che viaggiano su sci a rotelle, ma tanto esaltante per chi si trova a gareggiare in una platea inaspettata almeno in quelle dimensioni e con quel calore umano.….
Altrettanto esaltante la finale degli juniores. Di fronte il norvegese Ragnar Bragvin Andresen e l’azzurro Folco Pizzutto che quest’anno lo aveva gia' battuto due volte. Alla terza gli e' andata male. Gli ha portato via mezzo metro allo scatto iniziale, l’altro glielo ha rosicchiato piano piano. Ai dieci metri finali erano alla pari. Ha tentato di sopravanzarlo in spaccata buttandosi verso il traguardo ma, purtroppo, l’asfalto non e' come la neve che un po’ fa presa, e cosi' si e' trovato per terra tagliando la linea strisciando fra schiena, fianco e sedere un po’ come fanno i motociclisti quando schizzano via dalla moto.
Solo che quelli hanno la tuta imbottita e rinforzi vari, lui un body di lycra che, logicamente, strisciando sull’asfalto per quanto liscio e' andato a pezzi. E’ stato battuto di pochi centimetri. Unica conseguenza un brutto schiaffo al morale, una spellatura fra gluteo e coscia e qualche botta che con l’accumulo di adrenalina non si avverte ma si fa sentire piu' tardi. Silenzio degli spettatori, sfociato in applausi quando l’hanno visto rialzarsi tutto intero.
Senza storia, purtroppo, l‘ennesima finale fra Maria Magnusson e Mateja Bogatec. Fra le due almeno 10 chili di muscoli a favore della svedese e non so quanti watt di potenza che si scaricano sul terreno da un’impressionante spinta di braccia e da pattinate da 10 metri l’una che compensano abbondantemente la minor frequenza di passi. Forte quanto un maschio, devastante come una ruspa quando e' lanciata Miglior tempo in qualifica propria davanti di mezzo secondo a Mateja. Che sono poi 7-8 metri sul terreno, che l’azzurra non e' in grado di colmare solo aumentando le frequenze. Dunque un secondo posto che vale, il suo, con avversarie del genere.
Per il terzo posto la ventenne Kurockhina ha avuto la meglio sulla nostra Anna Rosa che, in questo momento, ha la testa piu' rivolta alla tesi di laura che sta preparando che non alle gare pur di livello continentale. Qui e' venuta per onor di firma, per dare il suo contributo a quella bandiera che ha tenuto alta per tanti anni, e ne e' uscita a testa alta.
Si e' comportata bene anche Karin Moroder, battuta dalla russa Ektova. Una specialista contro una fondista su asfalto velocissimo che, come la distanza, costituiscono l’antitesi per chi si allena sulle distanze e, sulla neve, trova sprint di 800-1200 metri e non di meno di 200, con il rischio di sbattere contro le transenne se non riesci a fermarti. Lei ce l’ha fatta, ma rallentando gia' prima del traguardo, quando recuperare sull’avversaria era ormai impossibile. Marito ugualmente contento: dalla paura, aveva gia' le mani nei capelli…
Scontato il successo di Solange Chabloz fra le juniores: quest’anno non ha trovato avversarie nella categoria. E non certo per la scarsa partecipazione. Dietro di lei, a passi da gigante, sta maturando Anna Maccagnan, una bella ragazzina classe ’93. Grinta e classe, il futuro e' suo. Anche nello sci se sapranno crescerla bene.
Incetta di medaglie pure fra i master: oro per Silvio Canello, argento per Claudio Marchetto, bronzo per Virginio Buttironi e Marcello Gionta: passione che non ha mai fine, cuore oltre la trincea. E’ guerra anche qui.